Un mondo grigio, coperto di cenere, dove ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza. Lo scenario ‘fragile’ che Cormac McCarthy presenta nel suo romanzo "La strada" è un paesaggio nel quale la morte non è un concetto astratto ma una presenza costante, come quella cenere che cade dal cielo e si appiccica ovunque. Il padre e il figlio che camminano spingendo un carrello con i loro pochi averi, si muovono in un mare di incertezze, dove decidere di fidarsi di qualcuno potrebbe essere la loro ultima scelta. McCarthy ci ricorda, pagina dopo pagina, quanto siamo vulnerabili non solo alla natura impazzita, ma anche agli altri esseri umani che, nella disperazione, possono diventare più pericolosi di qualsiasi catastrofe naturale.
La fragilità dei protagonisti, sia fisica che emotiva, si riflette nella loro lotta quotidiana per un po' di cibo o un rifugio sicuro ma anche nella costruzione del loro legame, che da quella fragilità e dalla necessità di potersi fidare di qualcuno trova alimento. Perché in un mondo ridotto all'osso, sono le nostre fragilità a spingerci avanti, a farci cercare un senso anche quando sembra che non ce ne sia più. "La strada" ci ricorda che riconoscere quanto siamo fragili può essere il primo passo per trovare una forza che non sapevamo di avere. Ci spinge a continuare a camminare sulla nostra strada, anche quando non vediamo dove ci porterà.