Un'isola remota, popolata da naufraghi e creature fantastiche, dove ogni scelta definisce il confine tra civiltà e barbarie. È questo lo scenario 'libero' che William Golding crea nel suo romanzo "Il Signore delle Mosche". Un gruppo di ragazzi, lontani dal controllo degli adulti, si trova a dover costruire una società dal nulla, in un ambiente dove le regole del mondo civilizzato sembrano non applicarsi più. La libertà, da sogno idilliaco, si trasforma presto in un peso, un'arma a doppio taglio che mette a nudo gli istinti più primordiali dell'essere umano. Golding ci mostra, capitolo dopo capitolo, quanto sia sottile il confine tra ordine e caos, e quanto sia fragile il concetto stesso di libertà.
La tensione tra libertà individuale e responsabilità collettiva si manifesta nelle lotte per il potere, nei rituali tribali che i ragazzi sviluppano, e nel progressivo abbandono delle norme sociali. La conchiglia, simbolo di democrazia e civiltà, si contrappone al totem del maiale, emblema di una libertà selvaggia e incontrollata. Perché in un mondo senza limiti imposti, sono le scelte morali individuali a definire il destino di una comunità. "Il Signore delle Mosche" ci ricorda che la vera libertà non è assenza di regole, ma capacità di scegliere responsabilmente, spingendoci a riflettere sul prezzo della libertà e sul valore delle strutture sociali che spesso diamo per scontate.